Programma Assicurativo AIMO 2025
MAMMA, IMPARA A
RICONOSCERE IL
CHERATOCONO
D: Dr. Baiocchi, un recente studio retrospettivo effettuato su oltre 8,5 milioni di occhi, pubblicato su Ophthalmology, ha evidenziato come l’incidenza di endoftalmite acuta dopo chirurgia della cataratta è compresa nel range 0,04% - 0,2%. Nonostante questa bassa percentuale, l’endoftalmite post-cataratta e post-IVT, viene “vissuta” dai chirurghi come un rischio concreto.
B: L’endoftalmite rappresenta effettivamente un problema reale, seppure, come diceva lei, la sua incidenza sia nell’ordine di decimali; il rischio è correlato sia all’elevato numero di interventi chirurgici che si effettuano ogni anno in Italia, sia alle conseguenze, potenzialmente gravi e irreversibili, dell’endoftalmite stessa; i casi totali di endoftalmite che insorgono ogni anno in Italia possono essere stimati in oltre 300 quindi, come vede, in valori assoluti non sono così bassi…
D: L’incremento dell’antibiotico resistenza tra i comuni patogeni presenti sulla superficie oculare, in particolare tra i batteri Gram+ come gli Stafilococchi coagulasi negativi e lo Stafilococco aureo, ha ristretto le opportunità terapeutiche della profilassi pre-operatoria rispetto a qualche anno fa.
B: Sì, oggi le linee guida delle principali società scientifiche mondiali, come l’ESCRS, non contemplano più l’antibiotico-terapia nei giorni antecedenti gli interventi. Alcune società scientifiche, come quella francese, hanno già da alcuni anni emanato delle raccomandazioni nelle quali i colliri antibiotici sono controindicati come profilassi domiciliare pre-cataratta e pre-IVT: in questi impieghi, infatti, essi non risultano strettamente necessari e, oltretutto, sono utilizzati per periodi di tempo non adeguati a raggiungere l’obiettivo terapeutico, con la conseguenza che possono attuare una selezione dei vari ceppi microbici, favorendo lo sviluppo di quelli più resistenti a discapito dei meno resistenti, come batteri commensali che competono con i potenziali patogeni per la disponibilità di nutrienti, limitandone la virulenza. Quindi gli antibiotici, se non impiegati “cum grano salis”, non solo non sono utili, ma possono risultare addirittura dannosi.
D: La profilassi con il povidone ioduro 5% rimane quindi il gold standard…questa profilassi può essere adiuvata?
B: Il povidone ioduro 5% costituisce oggi un approccio mandatorio, da cui non si può prescindere. Se però analizziamo le linee guida ESCRS attuali, troviamo che con il “povidone ioduro da solo non si raggiunge una completa “sterilizzazione” della superficie oculare e, nonostante le misure profilattiche, una contaminazione batterica dell’umor acqueo è riportata in letteratura in una certa percentuale di pazienti”. La ricerca di supporti alla profilassi con il solo povidone ioduro 5% che mirino ad una ulteriore riduzione della contaminazione microbica della zona oculare e perioculare, e quindi dell’incidenza di endoftalmiti, attraverso una terapia priva di resistenze microbiche e ben tollerata assume un significato clinico molto importante. Inoltre l’impiego di presidi antisettici-disinfettanti consente un abbattimento di tutte le specie saprofite e non presenti nel sacco congiuntivale consentendo il mantenimento dei rapporti fra le varie specie tale che non si produca un sovvertimento del microbioma congiuntivale, indispensabile ad un buon trofismo della superficie oculare
D: Lei ha preso parte, come Sperimentatore Principale, ad uno studio multicentrico di grande rilievo, che ha coinvolto ben 19 centri oftalmologici in tutta Italia tra cliniche universitarie, strutture ospedaliere, strutture private. La finalità dello studio era proprio dimostrare come una contaminazione “0” possa essere un obiettivo raggiungibile.
B: sì, il prof. Costagliola, in qualità di coordinatore dello studio ELOOM, acronimo che sta per Effectiveness of Liposomal Ozonised Oil in Reducing Ocular Microbial Flora in Patients Undergoing Cataract Surgery, ci ha contattati per prendere parte a questo interessante progetto scientifico in cui abbiamo ravvisato delle potenzialità cliniche molto elevate. L’obiettivo dello studio è stato valutare, su un campione clinico molto ampio, 174 pazienti, la riduzione della carica batterica della superficie oculare dopo impiego di un collirio a base di olio ozonizzato in liposomi, utilizzato come terapia domiciliare nei 3 giorni antecedenti all’intervento di cataratta, quindi prima dell’impiego del povidone ioduro 5%.
I risultati ottenuti nel gruppo trattato con l’olio ozonizzato in liposomi sono stati confrontati con un gruppo di controllo, trattato con soluzione fisiologica. Come sperimentatori, siamo onorati che lo studio sia stato recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Cataract and Refractive Surgery, organo ufficiale dell’ESCRS e dell’ASCRS.
Tornando alla possibilità di raggiungere una condizione di “contaminazione 0” della superficie oculare, i risultati dimostrano che impiegando in profilassi il collirio a base di olio ozonizzato in liposomi, si può ottenere una riduzione complessiva della carica microbica oculare di quasi il 92%, riduzione che ha riguardato in egual misura sia i batteri Gram+ che i Gram-, lasciando in sede solamente l’8% della popolazione, il programmato abbattimento del 98% delle forme vegetative batteriche da parte dello Iodio Povidone al 5% per 3 minuti, porta ad una componente residua non più del 2% ma dello 0,1-0,2% del totale. L’analisi della distribuzione dei batteri pre- e post- trattamento, indica che negli occhi trattati con olio ozonizzato in liposomi la probabilità di avere una condizione di “contaminazione 0” è molto elevata. Questo approccio profilattico non crea, inoltre, selezione di ceppi microbici.
Altro risultato di rilievo scientifico è stato quello di aver isolato, nel campione clinico, un numero di specie batteriche molto elevato, 64 specie differenti comprendenti anche batteri non comunemente presenti sulla superficie oculare umana, come batteri zoonotici (provenienti da specie animali: es. Staphylococcus caprae, Neisseria macacae, Corynebacterium bovis, Pasteurella canis) e batteri di provenienza intestinale (es. Streptococcus faecalis, Escherichia coli). Questo indica come l’occhio, sebbene sia una zona non particolarmente favorevole per la proliferazione batterica, possa risultare ampiamente contaminata.
D: Come si possono interpretare questi risultati?
B: Noi sperimentatori nel paper pubblicato abbiamo evidenziato che questa importante azione antibatterica dell’olio ozonizzato potrebbe essere legata sia all’effetto diretto che alla capacità dell’ozono di contrastare la formazione e di dissolvere il biofilm batterico, creando un ambiente più “ostile” sulla superficie oculare per l’adesione dei batteri stessi. L’azione dell’ozono in collirio è stata inoltre favorita dalla sua elevata tollerabilità, in quanto i dati ci dicono che solo in 3 (1.72%) pazienti dei 174 in studio è stata registrata una iperemia congiuntivale appena rilevabile, mentre non sono stati segnalati altri segni clinici a carico della congiuntiva (secrezione, papille) o della cornea.
D: Dal punto di vista pratico, terapeutico, cosa aggiunge lo studio?
B: Che l’uso dell’olio ozonizzato in liposomi come terapia domiciliare adiuvante al solo povidone ioduro al 5% utilizzato in sala operatoria permette una significativa riduzione della carica microbica, circa il 92%, già prima di effettuare la profilassi intraoperatoria con Iodio Povidone 5% in soluzione acquosa (Oftasteril); l’uso sequenziale dei due antisettici, caratterizzati da un meccanismo di azione differente, potrebbe portare la superficie oculare a uno stato di completa sterilizzazione della superficie oculare durante l’intervento chirurgico. Un effetto che singolarmente non è raggiungibile dal povidone ioduro, ma sinergisticamente probabilmente sì. Crediamo che lo studio, da questo punto di vista, possa rappresentare un avanzamento terapeutico concreto e di grande ausilio per il chirurgo, a tutela dei propri pazienti; ulteriori studi, con numeri ancora più ampi, potranno irrobustire la casistica da noi raccolta.